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Lezioni di piano


Racconti dall'aula.

Per ogni Daniele in attesa di un'aula che possa accoglierlo.

 




Daniele ha 8 anni. A inizio Dicembre ha già cambiato due maestri di pianoforte, io sono il terzo tentativo di una madre tenace.

È sveglio, è allegro, è sempre agitato. Mentre suoniamo insieme qualcosa inizia a scalpitare; sono piccoli gesti, un modo diverso di respirare, il tempo che sembra aver fretta di scorrere. Mi sento addosso uno strano stato di agitazione, è una sensazione spiacevole. Chissà che fatica sentirsi sempre così. Daniele smette di suonare, poi inizia a colpire il pianoforte come se volesse infierire sui tasti.

Lo vedo inabissarsi nella sua tempesta personale. Non cerco di fermarlo nè di distrarlo, non lo richiamo. Cerco dentro di me uno stato di quiete, mi immagino come un faro che irradia luce chiara. "Io ti aspetto, riprendiamo quando sei pronto."

Sembra non aver sentito niente, eppure mi pare di aver visto un lampo di stupore.

Gli rimango accanto.

Non lo incoraggio nè a fermarsi nè a continuare, non sono contrariata,

lo osservo con interesse.

Il tempo passato rende chiaro che non ci sono trucchetti; io lo aspetto davvero. Gradualmente la tempesta si placa, i colpi sulla tastiera diventano un'esplorazione beffarda,

poi un po' svogliata.

Daniele si ferma un momento, poi con aria seria mi dice "sono pronto."

In questo perderci e ritrovarci proseguiamo la lezione, e nei momenti in cui è pronto Daniele fa un lavoro impeccabile.

"Abbiamo letto un brano intero, ottimo!" Dura solo un secondo, ma la sua espressione è chiarissima: sono stato bravo. Scoppia di gioia, schizza fuori dall'aula e corre dalla mamma, è incontenibile. Lo guardo lasciare la scuola saltando quà e là mentre la mamma gli corre dietro, e mi ritrovo a pensare "non preoccuparti Daniele, in questa tempesta possiamo navigare."

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